Il Museo di biologia marina di Porto Cesareo conserva una delle più ricche collezioni sulla flora e sulla fauna del Mediterraneo.
Venne inaugurato il 30 luglio 1966, nella Villa Lucisani di Porto Cesareo, col nome di “Stazione di Biologia Marina del Salento”, grazie alla volontà del Prof. Pietro Parenzan, che dedicò molti anni di studio scientifico alle ricerche sullo Jonio, rivestendo la carica di Direttore della Stazione fino alla sua scomparsa avvenuta nel 1992.
Nel 1977 il Consiglio di Amministrazione dell’Università degli Studi di Lecce delibera l’acquisizione del patrimonio della Stazione di Porto Cesareo, modificandone il nome in “Stazione di Biologia Marina di Porto Cesareo”, e facendola divenire una struttura accademica riconosciuta.
Dal 1980 la gestione della Stazione, in seguito ad una convenzione tra l’Università e la Provincia di Lecce, è assicurata da un Consiglio Direttivo, mentre il controllo delle attività di studio da un Comitato Scientifico.
Infine, nel 1999 il Comune di Porto Cesareo ha messo a disposizione nuovi locali che hanno consentito al Museo di arricchirsi di nuovo materiale scientifico e divulgativo, che ne esaltano l’indirizzo didattico.
Vi sono esposti pregevoli reperti della collezione originaria del Prof. Parenzan in vetrine nuove, appositamente progettate e realizzate.
La fauna marina è ben rappresentata, sia nelle sue specie mediterranee, che esotiche, con l’esposizione di vertebrati (soprattutto pesci, ma anche tartarughe, uccelli e mammiferi) e di invertebrati (spugne, madrepore e coralli, vermi, molluschi, crostacei ed echinodermi).
Le diverse strategie espositive, dalla immersione in liquido fissativo, alla moderna realizzazione di modelli in resina, rendono testimonianza dell’attività del Museo durante i tre decenni della sua esistenza.
Peculiarità del Museo possono essere considerate una foca monaca (Monachus albiventer); una tartaruga liuto (Dermochelis coriacea), catturata in una tonnara a settentrione di Porto Cesareo nel Maggio del 1966, che è stata assunta a simbolo della Rivista Thalassia Salentina e dello stesso Museo; vertebre caudali di un capodoglio spiaggiato a sud di Porto Cesareo; il raro pesce Ranzania laevis.
Vi sono inoltre vari reperti teratologici, tra cui lo squalo a due teste (Prionace glauca) e molti echinodermi e molluschi deformi, a testimoniare la passione del fondatore, il Prof. Pietro Parenzan, per la teratologia; una intesessante collezione di pesci abissali dello Ionio; sculture in cartapesta rappresentanti specie e ambienti del Mediterraneo realizzate a cura della Fondazione Michelagnoli di Taranto; reperti di fauna tropicale provenienti dall’Oceano Indiano e dal Mar Rosso, foto subacquee di campioni nazionali ed internazionali di fotografia.
Gli esemplari esposti sono circa 900.
Negli ultimi anni si sono realizzate la Sala della Pesca e la Sala dello Squalo elefante secondo moderni criteri espositivi, simulando una immersione: ambiente blu con onde sul soffitto a significare la superficie dell’acqua. Pesci appesi al soffitto nell’atto di nuotare richiamano alla mente le antiche camere delle meraviglie, considerate lo stadio nascente dei musei odierni.
La finalità del Museo è quella di fare da “finestra”, mediante i suoi allestimenti, sulla ricerca svolta dal laboratorio di Zoologia e Biologia Marina dell’università, ricerca che in massima parte si svolge nei mari del Salento.
Un’attiva produzione di pannelli e poster esplicativi (distribuiti gratuitamente ai visitatori) contribuiscono alla divulgazione ed alla didattica delle tematiche di salvaguardia ambientale o anche della rivalutazione delle antiche tradizioni locali, come nel caso delle antiche ricette relative alla cucina del pesce a Porto Cesareo. L’affluenza al Museo di Biologia Marina conta circa 11.000 unità all’anno, questo numero è sottostimato in quanto tratto dalle firme sul registro che non tutti i visitatori lasciano.
Un’aula didattica accoglie le scolaresche per attività di preparazione concettuale alla visita ed i turisti che vogliano vedere filmati realizzati nel nostro ambiente marino.